"Genovesi in posa"
Appunti sulla ritrattistica tra fine Seicento e Settecento
a cura di Daniele Sanguineti
Collana di Studi Fondazione Conservatorio Fieschi
Un libro sontuoso, e non a caso l'aggettivo sontuoso che ci restituisce l'abbigliamento di nobili, dame, dogi e alti prelati, le acconciature sia nelle parrucche come in elementi di moda quale il torchon, capigliatura delle dame raccolta di lato e in voga dagli anni Ottanta del Seicento. Dal pensoso «Ritratto di dama» (di Alessandro Magnasco), prima foto del libro: una bruna bellezza, abbigliata in tessuto blu ricamato in oro, con collana di perle e orecchini a goccia, con il décolleté che sboccia da un merletto; alle altre bellezze, indubitabilmente bionde per l'incarnato (nuova conquista della pittura). Nel libro incontriamo l'influenza della storia sull'arte nei due secoli successivi alla Genova rinascimentale che primeggiò nel mondo. Daniele Sanguineti, storico dell'arte direttore in seno al Ministero per i Beni Culturali, ci presenta i «Genovesi a Parigi» alla corte del Re Sole con conseguente importazione di ritratti e influenza del Rigaud (il pittore di Re Luigi XIV); gli specialisti genovesi come «Il Mulinaretto» (Giovanni Maria Delle Piane) e Enrico Vaymer (per nostra fortuna strappandolo dall'oblio); «Il lusso ostentato» di Domenico Parodi; gli eredi della tradizione barocca da Piola a De Ferrari. Ci presenta quella «nuova generazione di pittori» operante tra l'ultimo quarto del secolo barocco e il primo Settecento, capaci di «sviluppare la ritrattistica di stampo fiammingo varata dalle presenze straordinarie di Rubens e Van Dyck, coniugandola con il riferimento culturale romano». La storia dei ritratti ci racconta anche storie umane d'eccezione come nel caso di Ferdinando Carlo Gonzaga e della sua «sfortunata» moglie Suzanne Henriette d'Elbeuf. Sulla «grata memoria» che questi grandi genovesi dovrebbero ispirarci con i loro ritratti Emanuele Brignole, fondatore dell'Albergo dei Poveri, disse a proposito delle statue dei benefattori che suggerivano un «fac tu similiter». Questo documentatissimo e affascinante libro è stato fortemente voluto dal marchese Giovanni Battista Crosa di Vergagni per la Fondazione Conservatorio Fieschi.